Antonio Calò: testimonianza Marcia per la Pace 2022

05/06/2022 13 min Temporada 1 Episodio 1
Antonio Calò: testimonianza Marcia per la Pace 2022

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Episode Synopsis

Antonio Silvio Calò, nominato nel 2018 Cittadino europeo dell’anno. SEI PIU' SEI PIU' SEI Intervista di Paola Sabbatani e Lelia Serra per “una Città”. 🌍 La straordinaria storia di una famiglia del trevigiano che di fronte alle tragedie del Mediterraneo decide di raddoppiare, da sei a dodici, il numero degli abitanti della loro casa; l’incredulità dei funzionari delle istituzioni e, poi, l’ostilità iniziale del vicinato; i sei giovani “rifugiati” che non bighellonano mai, che vanno a scuola e al doposcuola pomeridiano, che aiutano i vicini nel sabato, che fanno un tirocinio lavorativo; un “modello” che funziona. Intervista ad Antonio Silvio Calò. Antonio Silvio Calò, insegnante di scuola media superiore, sposato con quattro figli, vive a Camalò, in provincia di Treviso. La sua esperienza di accoglienza è diventata famosa anche oltre i confini nazionali. 👫 Ci piacerebbe che raccontasse dall’inizio come la vostra famiglia è arrivata a prendere questa decisione di accogliere rifugiati. Nel 2015, marzo, aprile, si sono verificati una serie di eventi molti tragici uno dietro l’altro; il 18 ce n’è stato uno molto drammatico a Lampedusa con centinaia di morti. Di fronte a queste immagini, ma anche alle precedenti, devo esser sincero, quel giorno, il 18, lo ricordo come fosse adesso, ho detto no, basta, dobbiamo fare qualcosa. Ora non è che noi abbiamo tante cose. Abbiamo la casa. Ho proposto, mettiamo a disposizione la nostra casa. Mia moglie era d’accordissimo, ho consultato anche tutti i figli perché non avrei mai preso una decisione di questo genere, che comportava un tale cambiamento nella condivisione degli spazi della casa, senza il loro consenso. Il 20 aprile o il 21, non ricordo, prima di recarmi in prefettura ho detto a mia moglie: "Vedrai che ci saranno altre famiglie che han già fatto questa scelta quindi potremo creare una rete, ci potranno consigliare su cosa fare e non fare”. Quando sono stato davanti al funzionario della prefettura subito c’è stato un qui pro quo: loro pensavano che noi avessimo una seconda o terza casa in cui ospitarli. Quando ho chiarito che sarebbero venuti a stare a casa nostra, la risposta è stata: "Ma lei è fuori completamente!”. E quando ho detto: "Ma ci saranno altre situazioni come la nostra…”, l’ispettrice mi ha risposto: "No, guardi, non c’è nessuna situazione di questo genere, né qui né a Treviso o nel Veneto... Io credo che lei sia il primo in Italia che fa questo tipo di accoglienza”. A quel punto ci sono rimasto anche male, avevo immaginato una situazione ben diversa. Anche perché quello voleva dire che non c’era neppure una legislazione in riferimento all’accoglienza familiare.