Process Art ed "Espansione espansa" di Eva Hesse, 1969

30/11/2023 12 min
Process Art ed "Espansione espansa" di Eva Hesse, 1969

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Episode Synopsis

La conservatrice della sezione Oggetti Esther Chao e il capo tecnico Derek Deluco raccontano come si stanno preparando per esibire in futuro "Espansione espansa" di Eva Hesse.

Transcript
Narrator: Salve e benvenuti a "Guggenheim dalla A alla Z."

La process art è ciò che sembra: un’arte che cerca di mettere in evidenza i processi o i materiali impiegati da un artista per realizzare l’opera.

In questo episodio il capo tecnico Derek DeLuco e la conservatrice Esther Chao discutono i fondamenti della process art, evidenziando le sfide che i musei devono affrontare nell’esporre questo tipo di opere. Parlano di un’opera realizzata nel 1969 dall’artista Eva Hesse, che viene spesso citata in relazione alla process art, pur non avendone mai parlato apertamente lei stessa. Il reparto Conservazione del Guggenheim ha ricercato una delle sue sculture, dal titolo Espansione espansa, per più di vent’anni nell’ambito di un impegno concertato per far sì che l’opera potesse essere esposta nell’immediato futuro.

Esther Chao: Il mio nome è Esther Chao. Sono conservatrice della sezione Oggetti al Guggenheim Museum.

Derek DeLuco: E io sono Derek DeLuco, per tutti sono il capo tecnico. Mi occupo della realizzazione delle installazioni qui al museo e di art rigging.

Chao: La process art è dove il processo e i materiali vengono evidenziati ed enfatizzati nell’opera d’arte. Per i lavori si utilizzano spesso materiali non convenzionali, molti dei quali derivanti dal settore industriale, oggetti che normalmente vengono utilizzati per la produzione, e che questi artisti hanno esplorato e utilizzato nelle loro opere.

È un concetto in cui la realizzazione del lavoro è importante quanto il prodotto finale. Quindi, molte volte nelle opere d’arte si vede la mano dell’artista. Vi si vede un uso molto intenzionale dei materiali. Questa forma d’arte è nata tra gli anni ’60 e ’70 come reazione all’arte minimalista che dominava a New York. Era un’arte molto formalizzata. È un ambiente a forte prevalenza maschile. È molto pulita e utilizza anche materiali industriali, come l’acciaio e il legno.

Ma mi sembra che nella process art forse si veda la mano dell’artista più che nell’arte minimalista, dalla quale si è voluto eliminare questo aspetto.

Ma torniamo ad Eva Hesse. L’opera è del 1969. Si tratta di un’installazione scultorea. Si compone di 13 sezioni costituite da pali in resina poliestere e fibra di vetro con interposizione di pannelli di lattice. Questi pannelli di lattice sono fatti di garza dipinta con gomma di lattice liquida, che viene lasciata asciugare, polimerizzare e indurire per formare questi teli flessibili, trasparenti e drappeggianti. L’opera si articola in tre sezioni. C’è una sezione a due pannelli, una a quattro e una a sette, tutte appoggiate alla parete per realizzare una struttura simile a uno schermo. E l’intera opera misura oltre 3 metri di altezza per quasi 8 metri di larghezza. I pannelli sono bianchi, color crema pallido. La resina poliestere è trasparente.

Ma quello su cui io e Derek abbiamo lavorato negli ultimi mesi è un lavoro che ha un aspetto completamente diverso. Probabilmente l’artista non l’avrebbe nemmeno riconosciuto vedendolo. Il lattice è molto deteriorato. Adesso è di colore arancione. Quindi non è nemmeno vicino al colore del lavoro originale. La consistenza del lattice è fragile. È rigido. Le pieghe si sono tutte irrigidite. Quindi non si drappeggia più come un tessuto. Quando lo si sposta, si crepa e si strappa. E quindi siamo di fronte a un reperto di quello che era una volta.

at guggenheim.org/audio