Listen "Pratiche sociali e "Giochi primitivi" di Shaun Leonardo, 2017–2018"
Episode Synopsis
Il curatore Nat Trotman e la formatrice Sharon Vatsky parlano di pratiche sociali come forma d’arte e dell’opera di Shaun Leonardo, Giochi primitivi, un recente progetto del Guggenheim che ha richiamato la partecipazione del pubblico.
Transcript
Narrator: Salve e benvenuti a Guggenheim dalla A alla Z.
Poiché mettono assieme performance, arte visiva e osservazioni sociali, le pratiche sociali sono una forma d’arte contemporanea fondata sull’impegno e la partecipazione della comunità. In questo episodio il curatore Nat Trotman e la formatrice Sharon Vatsky parlano delle pratiche sociali e spiegano quando ha fatto la sua apparizione questa forma d’arte partecipativa.
Nat Trotman: Sono Nat Trotman. Lavoro al Guggenheim da circa vent’anni e in tutto questo tempo ho ricoperto numerose posizione curatoriali. Attualmente sono curatore della sezione Performance e Media.
Sharon Vatsky: Mi chiamo Sharon Vatsky. Anch’io lavoro al Guggenheim da vent’anni, ultimamente con l’incarico di Direttrice della sezione Coinvolgimento del pubblico.
Trotman: Le pratiche sociali sono uno sviluppo piuttosto recente nel mondo dell’arte. Hanno avuto inizio tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90 come nuova forma ibrida di fare arte privilegiando le interazioni con il pubblico. Le pratiche sociali ripensano decisamente il modo in cui gli artisti lavorano nella società e superano l’idea di arte partecipativa, per arrivare a quella di arte che condivide effettivamente l’autorialità e l’atto creativo con le persone.
Vatsky: E spesso il modo in cui descrivo quest’opera è che il mezzo è la gente. Così un pittore usa la vernice, uno scultore la pietra o il metallo. Gli artisti che lavorano sulle pratiche sociali in un modo o nell’altro hanno a che fare con le persone, e pensano ad azioni che possano riunire le persone, dare loro nuove informazioni, metterle in contatto, creare una comunità. Per cui tutti, a mio avviso, ne fanno parte.
Trotman: In questo senso si può dire che hanno molti aspetti in comune con la performance art, e qui entrano in gioco alcuni dei miei legami con questo progetto, dal momento che sono il curatore della sezione Performance e media del museo.
Si potrebbe paragonare un’opera d’arte di partiche sociali ad alcune delle prassi più sperimentali della danza o della performance art, dove ci sono un coreografo, un artista, e poi altre persone che realizzano il lavoro concepito dall’artista. Ma la vera differenza con le pratiche sociali è che l’artista, in modo davvero profondo, apre il processo di creazione alle persone che partecipano all’opera. L’attenzione va veramente all’atto dell’interazione e della collaborazione. Il viaggio non è la destinazione, ma l’idea.
Vatsky: Una delle cose interessanti, relativamente al modo in cui le pratiche sociali si svolgono in un museo, è che si sta quasi coinvolgendo un altro grande soggetto, cosa che non sempre accade nell’arte delle pratiche sociali. Il fatto di collaborare con un grande museo è un’altra caratteristica di ciò che abbiamo fatto in termini di pratiche sociali al Guggenheim.
Trotman: Tradizionalmente, le pratiche sociali esistevano al di fuori dell’ambito delle principali istituzioni artistiche. Si è trattato di un processo di base fondato sull’attivismo più che sulle istituzioni museali. Proprio perché i musei hanno da sempre sostenuto tutte quelle gerarchie di potere e quelle pratiche di esclusione contro cui le pratiche sociali lavorano.
Ora questo sta cambiando nei musei, o è un po’ che sta cambiando. Ma certamente l’interesse del Guggenheim a lavorare con le pratiche sociali è stato un tentativo di vedere che cosa un museo può offrire alle pratiche sociali e, in alternativa, che cosa le pratiche sociali possono fare in termini di cambiamento del modo di lavorare di un museo.
at guggenheim.org/audio
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Narrator: Salve e benvenuti a Guggenheim dalla A alla Z.
Poiché mettono assieme performance, arte visiva e osservazioni sociali, le pratiche sociali sono una forma d’arte contemporanea fondata sull’impegno e la partecipazione della comunità. In questo episodio il curatore Nat Trotman e la formatrice Sharon Vatsky parlano delle pratiche sociali e spiegano quando ha fatto la sua apparizione questa forma d’arte partecipativa.
Nat Trotman: Sono Nat Trotman. Lavoro al Guggenheim da circa vent’anni e in tutto questo tempo ho ricoperto numerose posizione curatoriali. Attualmente sono curatore della sezione Performance e Media.
Sharon Vatsky: Mi chiamo Sharon Vatsky. Anch’io lavoro al Guggenheim da vent’anni, ultimamente con l’incarico di Direttrice della sezione Coinvolgimento del pubblico.
Trotman: Le pratiche sociali sono uno sviluppo piuttosto recente nel mondo dell’arte. Hanno avuto inizio tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90 come nuova forma ibrida di fare arte privilegiando le interazioni con il pubblico. Le pratiche sociali ripensano decisamente il modo in cui gli artisti lavorano nella società e superano l’idea di arte partecipativa, per arrivare a quella di arte che condivide effettivamente l’autorialità e l’atto creativo con le persone.
Vatsky: E spesso il modo in cui descrivo quest’opera è che il mezzo è la gente. Così un pittore usa la vernice, uno scultore la pietra o il metallo. Gli artisti che lavorano sulle pratiche sociali in un modo o nell’altro hanno a che fare con le persone, e pensano ad azioni che possano riunire le persone, dare loro nuove informazioni, metterle in contatto, creare una comunità. Per cui tutti, a mio avviso, ne fanno parte.
Trotman: In questo senso si può dire che hanno molti aspetti in comune con la performance art, e qui entrano in gioco alcuni dei miei legami con questo progetto, dal momento che sono il curatore della sezione Performance e media del museo.
Si potrebbe paragonare un’opera d’arte di partiche sociali ad alcune delle prassi più sperimentali della danza o della performance art, dove ci sono un coreografo, un artista, e poi altre persone che realizzano il lavoro concepito dall’artista. Ma la vera differenza con le pratiche sociali è che l’artista, in modo davvero profondo, apre il processo di creazione alle persone che partecipano all’opera. L’attenzione va veramente all’atto dell’interazione e della collaborazione. Il viaggio non è la destinazione, ma l’idea.
Vatsky: Una delle cose interessanti, relativamente al modo in cui le pratiche sociali si svolgono in un museo, è che si sta quasi coinvolgendo un altro grande soggetto, cosa che non sempre accade nell’arte delle pratiche sociali. Il fatto di collaborare con un grande museo è un’altra caratteristica di ciò che abbiamo fatto in termini di pratiche sociali al Guggenheim.
Trotman: Tradizionalmente, le pratiche sociali esistevano al di fuori dell’ambito delle principali istituzioni artistiche. Si è trattato di un processo di base fondato sull’attivismo più che sulle istituzioni museali. Proprio perché i musei hanno da sempre sostenuto tutte quelle gerarchie di potere e quelle pratiche di esclusione contro cui le pratiche sociali lavorano.
Ora questo sta cambiando nei musei, o è un po’ che sta cambiando. Ma certamente l’interesse del Guggenheim a lavorare con le pratiche sociali è stato un tentativo di vedere che cosa un museo può offrire alle pratiche sociali e, in alternativa, che cosa le pratiche sociali possono fare in termini di cambiamento del modo di lavorare di un museo.
at guggenheim.org/audio
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